venerdì 21 gennaio 2011

Un incontro di gusto nella "Città che muore"

Cari amici, nelle scorse settimane mi è capitato di visitare "Civita di Bagnoregio", un antico borgo medievale arroccato su una rupe di tufo e accessibile attraverso un ponte di cemento lungo 300 metri. Inutile dire che si rimane molto affasciati dalla visione di questo luogo, conosciuto ormai come la "Città che muore", per via delle numerose frane che ci sono state negli anni e che hanno indotto gli abitanti del posto a lasciare per sempre il Paese. Civita, però, anche se è abitata da circa una decina di persone, è continua meta di turisti incuriositi e, sorprendetemente, è anche un rifugio per chi è alla ricerca dei sapori autentici di una volta. 
Presa dalla fame, ho varcato la porta del bar-enoteca "La piazzetta di Civita di Bagnoregio" e mi si è aperto tutto un mondo di sapori. Io e la mia famiglia, accompagnati da alcuni nostri cari amici, ci siamo messi seduti e abbiamo ordinato il menu del giorno che comprendeva alcuni piatti della tradizione tipica dell'Alta tuscia viterbese a base di ottimi legumi.
Non vi dico che sapori e che sorpresa quando mi sono resa conto che stavamo assaggiando i prodotti di un'azienda che sul territorio sta dimostrando di voler preservare le tipicità locali, producendole artigianalmente e salvandone molte addirittura dall'estinzione.  
Non ho potuto fare a meno di intrattenermi in una piacevole chiaccherata col signor Angelo Ambrosi che insieme alla moglie Giuseppina Filosomi è titolare dell'azienda agricola "Campomoro" (http://www.campomoro.biz/).
Il signor Angelo accoglie i visitatori con estrema cortesia e li accompagna alla scoperta di tutti i buonissimi prodotti in vendita: a parte i legumi tipici (come la cicerchia, il fagiolo del purgatorio) e al farro, che per altro vengono cucinati sul posto secondo le ricette tradizionali, si possono trovare salse per bruschette o per condire la pasta, buonissime marmellate (melacotogna, more, uva nera, arance amare, tanto per citarne alcune), miele di ogni varietà, pasta di farro, farine, diverse varietà di liquori, biscotti secchi tipici come le ciambelline anice e vino, tozzetti con le nocciole, Pappole con pinoli, mandorle e uvetta, e tanta cioccolata. Chiaccherando con il proprietario è bello vedere che nei suoi occhi c'è passione per la salvaguardia di questi prodotti. Mi racconta, a proposito dei legumi, che nel tempo hanno selezionato gli antichi semi autoctoni che rischiavano l'estinzione: fagiolo del Purgatorio, Cece del Solco dritto, fagiolo della Stoppia, Lenticchia di Onano. Questi vengono ancora lavorati a mano, mantenendone inalterate le caratteristiche organolettiche . Ovviamente le quantità prodotte sono limitate, tanto da essere classificate come prodotti di nicchia per i quali l'azienda nel 2001 ha ottenuto il riconoscimento del marchio "prodotti tipici Alta Tuscia".
Angelo ama rivolgersi ad un consumatore attento alla qualità e curioso di conoscere gli usi alimentari del posto. Proprio per questo offre ai visitatori un bellissimo ricettario "Piccolo ricettario dell'Alta Tuscia" che contiene una selezione di ricette tradizionali e non, per gustare -dagli antipasti al dolce- i sapori genuini dei prodotti che lui stesso produce. Lo scopo di questo ricettario, il cui autore è Italo Arieti delegato di Viterbo dell'Accademia Italiana della Cucina, è quello di rivalutare gli antichi sapori dei cibi semplici e genuini che si rifanno alla cucina contadina di altri tempi, una cucina spesso di recupero che è stata nel tempo impreziosita da vari apporti











2 commenti:

  1. quante leccornie! il gusto per i buoni prodotti fa sempre la differenza!

    RispondiElimina
  2. Ciao Dada, anch'io credo che i prodotti genuini come questi sono insuperabili. Io li ho provati sul posto e sono rimasta entusiasta. Bacioni

    RispondiElimina